sabato 2 giugno 2012

La strage di Piazza Dante

La strage di piazza dante dici? Uff.. è lunga da spiegare. Beh, anzitutto devi sapere che quando avevo la tua età non era ancora vietato il ritrovo di massa. C'erano diverse forme di aggregazione che rimanevano in una sorta di ingovernabilità, alcune più coscienti diciamo, come la critical mass, gente che si ritrovava in bici e faceva lo stesso percorso, creando così un ostacolo non indifferente al quotidiano fluire delle auto; altre magari un po' meno coscienti, come il botellón, che erano semplicemente un gran numero di persone che si dava appuntamento una sera in una piazza per consumare l'alcol che si era portato da casa. Tuttavia erano ritrovi di massa. Poi vabbè c'erano i flash mob e altre cose, ma fatto sta che il ritrovo di massa non era vietato. Erano i primi anni del nuovo millennio, anni strani: amministratori, governanti e foze dell'ordine di fronte a tali masse spesso si trovavano spiazzati, incapaci di affrontare tali disordini: uno impediva il traffico, l'altro impediva il sonno, l'altro ancora impediva lo shopping, e così via. Eppure non erano manifestazioni. Capisci il dilemma? La legge Anca Masa, proposta dallo Stato Autonomo del Veneto nel 2021, andava al nocciolo del problema e vietava i ritrovi di massa. O meglio, per poterli fare dovevi denunciare quanto prima l'incontro di massa, come nelle manifestazioni vecchio stile, in modo da poter dispiegare il giusto numero di forze dell'ordine per controllare il territorio e garantire il traffico, il sonno, lo shopping e tutte quelle cose che stai imparando a Educazione Civica. Ricordo che erano i primi tempi di facebook, o forse addirittura qualche anno prima, che alcuni studenti avevano cominciato a creare i mercoledì in piazza dante. Dopo la legge Anca Masa, alcune associazioni si erano unite per garantire la continuità dei mercoledì sera: denunciavano ogni settimana il ritrovo in piazza dante, sbrigavano le carte necessarie e sopportavano la presenza massiccia della polizia dalle 19 alle 3 di notte (orari oltre i quali non si poteva stare in piazza).
I primi anni furono forse quelli più duri, la piazza subì una sorta di cambio: a popolarla erano per di più gente con quel forte senso democratico dei primi decenni del ventunesimo secolo. Io ci andavo lo stesso, ma forse più per assistere all'evoluzione della piazza. Per poterne avere un racconto che non sia mediato se non dal mio modo di vedere e di pensare. E niente, poi la storia la sai: quella sera ero reperibile. Giunto in piazza con alcuni amici, ci eravamo accorti che mancava il solito spiegamento delle forze dell’ordine nei punti tradizionalmente occupati dagli agenti. Non passò molto tempo: erano le ventidue e dodici quando si sentí un boato che ci assordò per qualche secondo. La bomba scoppiò nel lato opposto della piazza rispetto a dove eravamo, giusto nell'angolo tra il Palazzo del Podestà e la Loggia del Consiglio. L'istinto fu di uscire dalla piazza, come tutti quelli che ancora si reggevano in piedi. Poi con altri son tornato per soccorrere chi era rimasto, ma già il primario del reparto mi chiamò al cellulare, chiedendomi di correre in ospedale che a breve sarebbero arrivate decine e decine di emergenze. Effettivamente le sirene già si sentivano in lontananza, ma non tutte erano ambulanze: un paio di vetture dei militari del fuoco si adoperarono subito per ripulire la zona e lavare via ogni traccia dell'accaduto. Io non li vidi, perché corsi a recuperare la bici per fiondarmi in ospedale.
La quasi totalità dei feriti si riversò immediatamente da noi a Borgo Trento. Arrivarono quasi tutti insieme e nei primi momenti si temeva che la situazione potesse degenerare. Erano stati anche chiamati tutti i reperibili e quelli collocati in ferie o nel turno di riposo, le stesse suore lavorarono tantissimo. Il primario del servizio di anestesia e rianimazione, che seguiva le emergenze, allestì tutte le sale operatorie di fortuna. Sin da subito ci fu l’assalto di giornalisti e di interessati che volevano informazioni, arrivarono anche molte personalità di Verona (tra quelli che ricordo c'era il sindaco di Verona Ovest e l'assessore agli svincoli autostradali). Era stranissimo vedere come i medici che vedevo ogni giorno si dessero da fare: regnava lo sconcerto, non si sapeva bene che cosa stesse succedendo e se la situazione creatasi fosse isolata o inserita in un contesto eversivo più ampio. Ricordo molti colleghi che rassicuravano telefonicamente le famiglie a casa, ma avvisavano che non sarebbero tornati perché preferivano rimanere di servizio finché la situazione non si sarebbe calmata. Il tutto durò una settimana circa. Da un centinaio di feriti ne erano rimasti 13, giudicati comunque in buone condizioni. Per i defunti si sono fatti i funerali in piazza lo stesso venerdì, ma l'ingresso era permesso solo alle associazioni di piazza dante. Io rimasi in ospedale, ma mi raccontarono di una piazza praticamente sgombra di cittadini, mentre la folla si accalcava da Ponte Nuovo all'Arena, dal Duomo a Corticella Leoni. Quel giorno la legge Anca Masa taque. Forse era tra gli ammessi ai funerali.

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