sabato 28 febbraio 2015

we'll float, take life as it comes

Aquí estamos. Per ora è la risposta che mi piace di più alla domanda "come stai?". Soprattutto perché non è una risposta. Quando ti chiedono come stai si da sempre per scontato che tu lo sappia o che tu abbia voglia di saperlo, di metterti lì e rifletterci. Non si vuole capire che bisogna avere una certa disposizione d'animo anche per riflettere. Uno mica può aver sempre l'animo predisposto per capirsi, per saper qualcosa del suo stato d'animo. Può capitare di non essere in vena di mettersi lì e sapere come si sta. Anzi, può anche darsi che in realtà non si ha mai la minima idea di come si sta e ogni volta si risponde con una frase di circostanza per evitarsi un grosso lavoro psichico, tutto sommato inutile dato che la domanda è già di per sé disinteressata, oppure perché non c'è mai abbastanza tempo da dedicare ad una richiesta così laboriosa. Poi immagina se invece uno ci sta, si mette lì e dice veramente come sta: un racconto di svariate ore a spaccare quello che considera il proprio intimo in mille pezzi e rimetterli nell'ordine che più si confà al godimento psichico del momento e ai suoi preconcetti più amati o più temuti - quasi a credere di potersi leggere da fuori, di sospendere il suo stato d'animo per darne una lettura. Praticamente quando ti chiedono come stai, ti stanno chiedendo di metterti in uno stato d'eccezione nei confronti del tuo stato d'animo, di sospenderlo per poterlo dire. Poi tra l'altro questa cosa viene sistematicamente fraintesa e così spesso scatta l'assunto psicoanalitico secondo il quale uno può aiutarti a conoscere te stesso perché ti capisce più perfettamente di quanto tu sia in grado di fare - che è poi l'assunto che altera la maggior parte dei rapporti che mi circondano. Insomma gran bordello. Aquí estamos non dà spazio a tutte ste cose, riporta la questione su ciò che conta - che è l'effettiva presenza - e scongiura così l'auto-invasione intima lasciando che ognuno percepisca da sé il momento giusto per raccontarsi a chi vuole e nei linguaggi e nei gesti che preferisce.

https://www.youtube.com/watch?v=Ht9vaZDS0u8

giovedì 29 agosto 2013

La macchinetta che macina il caffé

Era un pezzettino di plastica che mancava. Un pezzettino di plastica che quando chiudevi si infilava in una fessura e premeva su un pulsante. Era la sicura per fare in modo che il marchingegno non venisse attivato se non a coperchio chiuso. Un paio di rimasugli di cartine pressati nella fessura son bastati a tenere premuto il pulsante nascosto, la sicura. Ora la macchina macina caffé elettrica funziona. Ho riesumato il sacchetto ormai dimenticato nella dispensa e macinato un pugno di chicchi, ignaro del fatto che un gesto simile avrebbe rilasciato in tutta la cucina una fragranza autunnale. Di quei profumi che scatenano raffiche di vento in testa, che le lasci fare perché non ti rimane alternativa e attendi l'aria limpida, i colori nitidi. Una mattinata in apnea tra odori a tempera e parole in triste compagnia di una data.

mi sa che mi bevo un altro caffé.

sabato 24 novembre 2012

Assenze

Son cresciuto con la strana convinzione che le assenze andassero curate. Mi chiesi cos'erano veramente le assenze solo quando pensai a come risolvere un'equazione di terzo grado mentre facevo l'amore. Mi chiesi dunque cosa ne fosse del godimento che intrattiene ogni assenza. Domande che, in fondo, ti fai solo in tua presenza.

Qualcosa mi fece riemergere dalle sue gambe. Avevo un pezzo di carta che naufragava tra la lingua e il palato, mentre il suo sgruardo costringeva ogni mio movimento all'irreversibilità. Me lo tolsi stranito e presi a leggere in silenzio, col suo volto ormai di fronte. A quanto pare conoscevo solo io la calligrafia, ma che importava, ormai lo sguardo era basso, la mente persa, concentrata, seppur non su ciò che leggeva. Mi chiesi come si possa passare da un'assenza ad un'altra senza accusarne il colpo, un po' come un infante passa da una direzione ad un'altra senza conservare alcun debito, alcun senso d'incompiutezza. Ci vorrebbero degli esercizi d'insurrezione. Assenze ingiustificate.

Scrivevano che un certo numero di pregiudizi ci dà un equilibrio e limita la portata delle nostre insurrezioni ai minimi termini, a quelli, per l'esattezza, per cui la cosa non arreca il minimo fastidio, e in particolare non all'interno di una concezione del mondo che resta, comunque, perfettamente coerente.