martedì 1 aprile 2008

L'accidente come cura

"Viaggiare? riempire un punto di domanda."
M.T.

L'improvvisazione di un viaggio, in ogni suo istante, riempie punti di domanda e accumula un sapere su se stessi. Con forza disarmante la ventura ti piega alla pura necessità della situazione e si nutre della tua impreparazione. Ma più che del suo digiuno, la propria realizzazione sta nel saziarsi della sua impreparazione. Quel sorriso che dal petto fermanta dopo essersi risolti, dopo aver dimostrato un'imprevedibilità maggiore a quella che la situazione ha messo in gioco, è il chiaro sintomo di un conoscersi meglio.

Ma nel contempo viaggiare è creare punti di domanda. Mettere involontariamente in dubbio ciò che si crede alla luce che le realtà riflettono. Sembra un allontanamento dai capisaldi delle proprie idee. Un distanziarsi dal complicato reticolo opinionistico figlio della staticità e del turismo, creando vacillanti punti di domanda che come non mai fanno respirare i neuroni.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

lascio uNA traccia, diGITAle-virtuale, ma è NellE MINUSCOLE che Si alTERnaNO allE maiuscole CHE prOvo A FAR rifLETTERE il PULsare DI una SUGGesTione che LE segUEnTI ParoLE VIvonO nellA lorO MAteRIAlità soFFocATa.

"...Di asCOLTAre ciò cHe dENTRO nasCE, CREsce, sI deFORMA e muORE in VORtIcI conTINUI."

Parole del creatore di questo Blog.
Magari un pò di respiro sudato,lo cito, come una allucinazione di libertà, e quanto è vero che è fisica, puzza da morire, vero Spauracchio?

Triche

andreaechorn ha detto...

la possibilità del lasciarsi trasportare coscientemente da scelte non proprie all'interno di questa improvvisazione rientra nell'imprevedibilità così positivamente valutata?

andreaechorn ha detto...

RE: L'accidente come cura.
"Sarebbe da discutere nel suo istante-luogo.
Tuttavia pensare l'imprevedibilità significa tentare di darle dei confini che inevitabilmente sfuggono. Imprevedibilità come tutto ciò che confina con il tuo corpo, con la tua pelle. All'esterno come all'interno.
Prendere allora le scelte dell'altro come quell'imprevisto al quale devi rapportarti. E un possibile rapportarsi potrebbe essere il conscio lasciarsi trasportare.
Sarebbe da discutere nel suo istante-luogo."

"pensare l'imprevedibilità" in questo contesto mi suona come ossimoro. non ho trovato una risposta alla domanda. puoi riformulare? intanto vesto cinghiale che stasera usciamo in frak

ale ha detto...

Pensare l'imprevedibilità. Pensare il concetto di imprevedibilità. Cosa necessaria da fare se se ne vuole parlare: significare questa parola, darle una definizione, dei limiti entro i quali questa è legittimata nell'essere chiamata tale.

E poi continuo: "Imprevedibilità come tutto ciò che confina con il mio corpo, con la mia pelle."

Pensare appunto l'imprevedibilità, tentare di afferrare i limiti entro i quali si può parlare d'imprevedibilità non può che fallire finchè non si arriva ai limiti del mio corpo. Tutto ciò che ne è esterno, che lo tocca, che lo sfiora, che gli parla, ecc. Fa tutto parte di un intreccio che si rispecchia all'interno del limite del mio corpo in annodate imprevedibilità del sentire, del provare. Essere toccati dal mondo e lasciar trapassare questo tocco nella carne. Incarnare il tocco.
Relazione di imprevedibilità esterne con imprevedibilità interne e sfociare in risultanti di accadimento, di evento, di accidente.


A seguito di ciò, la tua domanda m'è sembrata ambigua nel "non prioprie". Ho provato ad interpretarlo come un "scelte di un altro che ti è a fianco in questa imprevedibilità. Di un compagno di viaggio, per esempio".
Probabilmente ho interpretato male.

Com'è andata con cinghiale?

andreaechorn ha detto...

riformulo la domanda: questo tuo "lasciare o lasciarsi accadere" durante il viaggio succede in conseguenza a scelte già fatte, ossia la scelta della città, la scelta di vedere delle persone, la scelta di visitare dei luoghi. domando dunque, queste scelte sono anch'esse soggette all'improvvisazione? e se si entro che limiti? faccio riferimento a parigi-bristol.

ale ha detto...

Scrissi il post pensando a Lisbona, tuttavia l'improvvisazione intesa voleva essere molto più sottile e capillare.
Nella pianificazione di un viaggio non si fa altro che scegliere, prendere delle scelte e ordinare - con lo strumento della decisione - ciò che ancora è disordine e imprevisto: il tempo a venire. La scelta, la decisione, la considero una necessità per un'improvvisazione: se domani decido (o qualcuno mi propone e accetto) di venire a Parigi non tradisco l'improvvisazione, bensì le do un luogo.
Se la mia decisione è raggiungere Bobbio da Gussago entro sera in bici, l'improvvisazione è tutto ciò che ne viene sulla base di "Bobbio", "entro sera" e "bici": l'infinità di situazioni, di accadimenti a cui vado incontro è incommensurabile.
Eppure la stessa cosa succede in viaggi dove la pianificazione consiste in puntualità importanti, come un treno per parigi o un aereo per bristol. Forse l'improvvisazione viene amputata, ma rimarrà sempre la sua capillarità, la sua presenza ingombrante all'interno degli orari.

L'improvvisazione vive quindi sulla base di scelte e credo che i suoi limiti stiano alla puntualità di queste. L'appuntamento forse ne è un esempio.

Anonimo ha detto...

VOGLIAMO UN NUOVO POST!