mercoledì 23 giugno 2010

Un ritardo del 1771


In quelle settimane i polmoni della valle erano colmi di profumi, soprattutto dell'amarognolo del gelso, mangiucchiato dai bachi da seta. Ogni volta che scendevo da Ponte Zanano fino in città, più che delle miglia a piedi mi meravigliavo delle distanze olfattive. Già verso Mompiano si percepiva un'aria più calda e vissuta. Odori di carri e stracci circondavano il grande ospedale fino ad immergersi in via S.Faustino con nitidi profumi di carni dolcemente intrecciati con quelli del pane fresco. Entrare poi in piazza Grande tra la Loggia e i casotti di mercanti mi immergeva in un'atmosfera che in nessun altro posto ho più ritrovato. A volte - quando non ero in ritardo – mi fermavo ai banchi di bozzoli dove, lievemente speziato dalla vita cittadina,ritrovavo l'odore del gelso consumato. Quella mattina mi ero forse lasciato troppo alle mie derive
ed ero ancora sotto la Loggia quando i Matti delle ore battevano le otto. Il suono mi spalancò gli occhi, caricandomi le gambe di terrore. Fino a quel giorno avevo avuto la fortuna di limitarmi a vedere cosa succedeva ai ritardatari, senza mai provarlo di persona. Mentre correvo pensavo a cosa fosse stato meglio: tornare a casa e presentarmi con una scusa ben studiata il giorno dopo o arrivare in ritardo e accettare tutto ciò che questo comportava. Intanto le spallate alla gente provocavano zampilli di bestemmie; fortunatamente strada Nuova era vuota e in piazza del Duomo Nuovo c'erano solo i soliti sbirri. Alla fine decisi di presentarmi in ritardo. Giunto ormai di fronte alla porta bussai piano, cercando di non sconvolgere la concentrazione.«Avanti!». Entrai con la testa china. Il fiatone e la faccia gonfia dalla corsa mi impedivano di esprimere attraverso il viso la desolazione. «La stavamo aspettando. Forza, si sieda». Di tutte le giustifiche che avevo pensato non mi uscì neanche una sillaba. Riuscii ad intravedere persino un mezzo sorriso. Incredibile. Non capivo. Il professore proseguì subito da dove l'avevo interrotto e per tutta la lezione non fece ne occhiate ne frecciatine.A fine lezione il Marchetti mi chiese di rimanere qualche minuto.Improvvisamente mi tornarono dei brividi sulle gambe. «Senti,Gioacchino: il ritardo di oggi non può di certo passare inosservato.Domani entrerai nella Loggia, nella sala al primo piano dove tengono custodito il modello in legno del Turbini. Una volta lì prenderai qualche appunto e per venerdì voglio avere il progetto su carta. Siamo d'accordo?». Annuii abbattuto giusto per dare al castigo ciò che necessita, ma una volta fuori mi esplose un sorriso enorme e il ritorno a casa fu privo di odori.Il sole era ancora dietro la Maddalena quando mi accinsi ad entrare nella Loggia. Mi trattenni un'oretta prima di rimettere tutto in borsa ed avviarmi al meritato caffè dell'osteria ai Matti. «..ma som 're a dài nömer? Che sta l'è la me baraca: me da che ma sa möe gnà mort!». Beppe era incendiato; cercai di capire e intanto ordinai il mio caffè.«Figüret se me go de serà sö per lurle che i se liàt sö en cö con le talamore en del servel! “Decoro”? Ma decoro de chi?». «Beppe ma cosa è successo?» cinguetto timidamente. «Per decoro ed eleganza maggiore della piazza Grande – legge da un foglio – ornamento principalissimo di questa città, vien deciso di interrompere gli sconcerti e le indecenze. De chi po, me capese mìa.. Per questo vien fatto ordine di chiudere tutte le osterie riguardanti la piazza, atte soltanto al ricovero di gente rustica, vile e forse ancor più delle volte inonesta. Te dim se chesta l'è mìa na manega de 'nseminich! ..che ulìet chi te? El cafè?» «Si, senza zucchero, grazie» «Ffff, e te come ala col Marchetti?» «Bene! Oggi devo copiare il progetto del Turbini!» «Chii? - tuona un omino seduto infondo – Cosa devi copiare scusa?» «Il modello in legno del Turbini,custodito nella sala della Loggia - annuisce – ecco, devo copiarlo per venerdì. Una specie di compito a casa». «Ah ah! Il Marchetti sta passando davvero ogni limite!». «Non capisco». «Con questa storia della Loggia stanno andando avanti da anni lui e il Turbini! Ormai è il tormentone del lombardo-veneto! Entrambi hanno presentato i progetti per il tetto del palazzo, ma l'amministrazione non si decide e a quanto pare preferisce far chiudere osterie per decoro! Il modello in legno l'hanno chiesto quelli dell'amministrazione per capire meglio quale accettare,ma sembra che il Turbini, con qualche giro strano, se lo sia fatto pagare con soldi pubblici, el fürbo. Così dicono che abbia fatto un modello di gran lunga migliore del progetto su carta, stracciando così quello del Marchetti. Probabilmente questi ti avrà fatto passare un'azione di spionaggio come un bel compitino a casa..». Rimasi in silenzio. I bicchieri che venivano risistemati erano l'unico suono all'interno dell'osteria. Pagai e tornai verso casa con qualche odore in più sotto il naso e un'idea diversa di ritardo.

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