sabato 2 luglio 2011

les derives cap als barris


Le proteste spagnole che si sono articolate nell'ultimo mese e mezzo hanno come loro principale contesto la crisi economica internazionale e come referenti immediati le immagini di piazza Tahir in Egitto, le rivolte in Tunisia, la rivoluzione silenziosa in Islanda. Le proteste hanno trasformato il clima sociale e politico del paese: la classe politica ha vissuto momenti di percettibile discredito di fronte a piazze piene ogni giorno e ogni notte.

In un primo momento si riuniscono in assemblee generali, dove si cominciano a manifestare i disagi individuali e collettivi, testimonianze, lamenti. Le piazze si convertono in spazi per esprimere il senso di essere lì, condividere l'astio e la indignazione. L'assemblea generale è lo scenario di una catarsi sociale, che genera un sentimento di appartenenza alla comunità di colpiti dalla crisi col desiderio di cambiare le cose. Giorno dopo giorno si passa dallo spontaneismo alla costruzione di proposte e alla organizzazione di commissioni e gruppi di lavoro. Inizia così a formarsi un'organizzazione interna delle «acampadas» mediante commissioni che si dividono compiti e spazi; organizzano attività culturali, concerti, dibattiti, laboratori, etc.. Il ruolo più rilevante delle commissioni e dei vari gruppi di lavoro è quello di costituirsi come spazio di discussione ed elaborazione di domande e proposte, che poi ogni acampada mette ai voti mediante lo strumento dell'assemblea generale.

In mezzo alle proteste scaturite dopo la nascita del cosiddetto movimento 15-M, i risultati elettorali delle elezioni amministrative ed, in alcune comunità autonome, degli stessi parlamenti "regionali" (tenutesi dopo una settimana dall'inizio delle mobilitazioni), ci rivelano alcuni dati d'interesse. L'astensionismo, ad esempio, si colloca come prima forza con una percentuale pari al 33%, mentre aumentano anche i voti in bianco e quelli nulli, oltre ad un aumento dei voti ai partiti della sinistra minoritaria. Si apre così un piccola breccia nel sistema politico ed elettorale spagnolo, imbrigliato in un bipartitismo dove le due forze maggioritarie, il partito socialista di Zapatero e l'opposizione di destra del Partito Popolare, godono di una rappresentatività quasi asfissiante, anche e soprattutto per quel che riguarda la presenza sui media informativi.

Uno dei caratteri più significativi del movimento 15-M è lo stato d'animo sociale. Il fatto che una moltitudine irrompa mettendo in questione il sistema (o anche solo alcuni aspetti) e che soprattutto abbia la volontà di discutere e lanciare proposte, ha a che vedere con una dimensione emotiva che consiste nella possibilità di incontrarsi e ascoltarsi, convivere e organizzarsi con gente sconosciuta. Se poi si pensa alla situazione di crisi totale nella quale viene a innestarsi questa esperienza collettiva, si riesce a capire quanto l'emotività possa salire a fior di pelle: una piazza che giorno dopo giorno fatica sempre più a contenere la folla, che si fa luogo di fertile scambio, di crescita reciproca, di apertura. Ecco.. apertura con le necessarie tempistiche: il fatto che il movimento si sia definito apolitico - "ni de derechas ni de izquierdas" - plurale e aperto a tutti, s'è tradotto, in alcune assemblee, in una politica del consenso incapace di farsi carico di temi conflittuali, neutralizzando in alcuni casi l'ingresso di discorsi più critici in quanto generanti discordia e divisioni. La forte presenza cittadina - nel senso più spettacolare del termine - ha portato ad evitare di prendere posizione su argomenti come la monarchia o la repubblica, la tortura, il carcere, la memoria storica, la questione nazionale, la diversità linguistica o l'uso della violenza. A partire da qui le difficoltà di collettivi, gruppi e individualità, che già da sempre lavorano su discorsi e pratiche politiche, a rapportarsi con la piazza.

A Valencia questa difficoltà s'è fatta sentire sin da subito: dalla pura assenza di analisi di sistema (nella maggior parte dei casi si trattava di prime esperienze) alla costituzione di guardiani della democrazia, gente che in maniera volontaria - ossia inerziale rispetto alle derive securitarie della Dominazione - indossava giubbetini alta-visibilità e.. controllava. Qualcosa che dimostrò subito e ancora una volta il significato di una divisa: un esempio fu la mera impossibilità di distribuire volantini contro il voto, con minacce di segnalazione alla polizia - quelli veri, che hanno i database. Negli ambienti di ritrovo sociali, popolari, libertari, anarchici, ecc. - da sempre lontani dalla piazza - erano grosso modo due le linee tra le quali si producevano discussioni: chi voleva provare a mettersi in gioco e cercare di cominciare a far circolare anche solo discorsi, parole, piccole lacerazioni; chi invece disilluso e sconfortato non riusciva a vedere il minimo significato di uno sforzo in direzione della piazza. Il conflitto prese la via di fuga del quartiere - incredibile quanto in certi ambienti il conflitto risulti essere davvero qualcosa di produttivo e di crescita collettiva piuttosto che di sentenza, castrazione e giudizio. Di fronte anche ad alcuni stalli, si cominciò già dopo 10 giorni dal 15 maggio a sentire il bisogno di frammentare la piazza, crearne una per ogni quartiere e affondare lì, tra le piazzette e le strade, i discorsi democratici, le critiche al sistema e le pratiche politiche collettive e individuali. Grazie al livello morale della piazza, nel giro di pochi giorni quasi ogni quartiere aveva una assemblea settimanale, con una media del numero di partecipanti che si aggirava intorno al centinaio di persone. Il conflitto iniziale tra piazza e militanza già cambiò i suoi elementi di positività: mentre la piazza si ripulisce da qualsiasi soggettività che non si hippie - mentre scrivo, gli spazi in cui si creavano assemblee e commissioni sono occupati da tende e costruzioni in canna di bambù che a livello politico non hanno molto da dire, se non la cifra spettacolare che incarnano senza opporre la minima resistenza: sedotti dallo Spettacolo nella stessa misura in cui un cane è sedotto dal guinzaglio nel momento in cui questo diventa condizione per uscire di casa. Nel frattempo i quartieri creano nuove reti di vicinato e senza bisogno di interventi particolari, le singole assemblee cominciano a cambiare i diversi nuclei di discussione. Se nella piazza centrale ad essere motivo di discussione erano la legge elettorale, quella sul copyright e sulla cultura, il bipartitismo, la corruzione, i politici e altro ancora, negli spaziamenti dei quartieri a prendere spazio sono l'edilizia, i progetti beceri del comune, l'integrazione delle diverse comunità di migranti, le mancanze e i disagi del circondario ma anche le attività culturali, i corsi di lingua, ecc. Tutta un'altra maniera di essere indignati.

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